"Incontro / Dibattito" Dott Francesco Pesci
Un brand di eccellenza che produce solo made in Italy, operante nel segmento ‘altissimo di gamma’ della moda uomo, con un fatturato che nel 2010 superava i 170 milioni di euro.
Impiega in Italia più di 1600 persone, ed è distribuito in tutti continenti con 75 punti vendita monomarca.
Con queste cifre, l’amministratore delegato del marchio Brioni Francesco Pesci, presenta il gruppo al Business Club Italia di Londra.
“Una dei quesiti che mi vengono posti frequentemente è se dietro il made in Italy ci sia un sistema paese a supporto della moda italiana.
Rispondo dicendo che dobbiamo definire cosa si intenda per sistema.
Ad esempio, la collaborazione tra istituzioni e mondo dell’impresa è, di fatto, debole.
Quindi, le istituzioni sono un sistema con cui abbiamo relazioni fragili.
Ma dietro alla moda, quella che noi tutti conosciamo attraverso le figure degli stilisti, le sfilate o i negozi, c’è un sistema davvero importante, il cui peso e ruolo sia nell’economia sia nella società che nella cultura, si inquadra meglio con qualche cifra.
1970: il sistema moda in Italia generava 1.3 miliardi di euro, con un export al di sotto del miliardo.
2008: i miliardi prodotti sono 28, l’export supera i 41 miliardi e, in un contesto più ampio, rappresenta il 12% dell’export nazionale, superiore a quello automobilistico, a quello alimentare, alla chimica e secondo solo alla meccanica.
Questo sistema moda, rappresenta l’11% del valore aggiunto di tutta l’impresa manifatturiera italiana, è un settore quindi che contribuisce positivamente all’avanzo della nostra bilancia commerciale, ed è definibile come socialmente e culturalmente avanzato perché impiega più di 1.000.000 di persone, di cui il 61% è composto da donne
E questo in un paese come l’Italia, tra gli ultimi in Europa per tasso di occupazione femminile.
Inoltre, rappresenta il 40% del sistema moda europeo.
Spesso sulla moda si legge solo ciò che riguarda l’immagine ma dietro, come dimostrano questi dati, c’è molta sostanza.”
Secondo Pesci tale successo non è il prodotto della sola creatività italiana ma del fatto che questa riposa su una struttura estremamente organizzata e ‘finita’: quella della filiera.
“Nel settore tessile ed abbigliamento ad esempio, a parte la produzione di materia prima come la lana, in Italia si fa tutto, sino ad arrivare al prodotto finito.
È questa struttura che sin dagli anni 70 ha consentito al sistema moda di prevalere su tutti quelli degli altri paesi europei, quali Inghilterra, Francia, Germania.
La creatività tra l’altro, nasce anche dalla cross fertilization, ovvero dallo scambio di informazioni tra chi è a monte e chi è a valle della filiera, un sistema che bisogna quindi preservare per mantenere la posizione preminente dell’Italia nella moda.
Tra l’altro, è proprio da noi che si trova la filiera francese e, questo, grazie alle decisioni adottate da Giscard d’Estaing negli anni ‘70 il quale, dichiarando il tessile non più strategico per il paese, fece sì che le banche ne ritirassero l’ appoggio, facendolo crollare.”
Pesci tocca il tema della legge Reguzzoni – Versace, secondo la quale per dichiarare un prodotto ‘made in Italy’ è sufficiente che solo 2 delle principali fasi di lavorazione siano eseguite in Italia.
“Ai giornalisti francesi dico sempre che Brioni non è solo un luxury brand, ma anche un quality brand perché le due cose non si possono scindere.
Dietro il made in Italy quindi deve esserci la ricerca dell’eccellenza, quella ottenuta con un prodotto lavorato e finito completamente in Italia. Come il nostro”.
Secondo l’amministratore delegato, perché questa eccellenza sia garantita, si potrebbe ricorrere ad un sistema di autocertificazione volontaria, attraverso uno strumento di tracciabilità del prodotto quale quello creato in Italia dalla textile association: il produttore volontariamente pone nel capo un cartellino leggibile in modo digitale che ripercorre tutte le fasi di produzione.
“Tale metodo mette azienda e consumatore in contatto diretto, e consente a quest’ultimo di fare una scelta più consapevole e informata.
Oggi tra l’altro, non è più possibile trascurare come il consumatore sia cambiato e si sia, diciamo, evoluto, consumatore che considera importanti tematiche quali ecologia e corretto utilizzo delle manodopera”.
Associarsi ad un grande gruppo internazionale o rimanere indipendenti?
Nel corso della presentazione, Pesci riflette su questo quesito affermando che “il futuro di un’azienda della moda è o nell’apertura a capitali esteri o nella quotazione in borsa o nel passaggio ad un gruppo del lusso.
Una risposta unica non esiste, ma non demonizzo l’idea che un brand italiano voglia far parte di uno di tali gruppi: bisogna pensare in termini di forza finanziaria, di network e di competenze professionali che questi offrono”.
Dal pubblico qualcuno domanda se la trattativa di Brioni con la PPR, uno dei citati gruppi appunto, sia ancora aperta o sia invece in stallo, come affermato dal presidente della PPR stessa.
“Una qualunque mia risposta all’affermazione di Monsieur François Pinault sarebbe subito riportata dai giornali, e con ciò si rischierebbe di generare inutili fraintendimenti.
Non posso rispondere quindi, ma posso dire che ci sono altri soggetti interessati al gruppo e che Brioni al più presto prenderà una decisione”.
Anna Maria Sanna