"Incontro / Dibattito" - Dott. Boselli / Dott.sa Ferragamo
Il presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana (CNMI), Mario Boselli, e la vicepresidente dell'associazione, Giovanna Gentile Ferragamo, esponente della dinastia fiorentina dell'omonima casa di moda, hanno incontrato oggi a Londra gli operatori italiani della City per discutere il futuro del Made in Italy. 'Made in Italy, il bello ben fatto. Ieri, oggi, il futuro', questo il nome del dibattito organizzato da Business Italia a alla Armourers' Hall e moderato dal presidente di Business Italia, Roberto Guerrini, ha messo in rilevo i punti di forza e di debolezza dell'azienda Italia nel settore tessile e dell'abbigliamento, che da 38 mesi versa nella crisi forse piu' grave dal Dopo Guerra. L'industria tessile e dell'abbigliamento italiana, anche nella UE allargata a 25 paesi, resta la piu' grande della comunita' europea, ha sottolineato Boselli. Nonostante gli elevati costi di energia e manodopera e l'assenza di materie prime e di infrastrutture adeguate, l'Italia in questo settore ha riportato nel 2003 un saldo attivo della bilancia commerciale di 15,8 milardi di euro.
''Qualitativamente siamo i primi al mondo, mentre quantitativamente siamo secondi solo alla Cina, la quale piu' che un paese, e' praticamente un continente'', ha sottolineato il presidente della CNMI ed imprenditore tessile, la cui famiglia da 15 generazioni opera nel business della seta. Le armi vincenti dell'Italia sono la sua atavica creativita', conseguenza di una sorta di ''effetto Rinascimento'' che ha diffuso nel nostro paese uno spiccato senso estetico emulato in tutto il globo e la ricerca applicata, dove la nostra industria riesce a combinare con grande abilita' la tecnologia con tessuti di qualita' incomparabile. Il tallone d'Achille invece e' principalmente l'elevato costo della produzione, oltre alla spina nel fianco rappresentata dalla contraffazione. ''Il fenomeno e' in crescita e danneggia molto tutta la nostra industria'', ha sottolineato la Gentile Ferragamo. Sulla scia del problema dei costi di produzione, lo stesso Boselli ha spiegato di avere aperto nel 1998 uno stabilimento della sua azienda tessile in Slovacchia, pur avendone gia' cinque in Italia, perche' nell'ex paese comunista la manodopera costa un sesto e l'energia la meta'. Dunque una delle ricette per rilanciare l'industria tessile e dell'abbigliamento nostrana potrebbe essere quella di mantenere in Italia la progettazione ed il marketing del prodotto e trasferire in paesi piu' competitivi a livello di costi l'aspetto strettamente manifatturiero della produzione.
Il fenomeno della delocalizzazione della produzione e' stato anche fomentato dall'Irap, ''la tassa sull'occupazione'' introdotta dall'ex ministro Visco ''che ha fatto male al sistema italiano ancor prima della crisi''. Il governo attuale non e' intervenuto per modificare questa imposta, definita come ''un mostro'' da Boselli. L'imprenditore ha inoltre sottolineato l'esigenza di un attento monitoraggio di paesi extraeuropei in crescita come la Cina e della creazione di alleanze europee contro il minaccioso gigante asiatico, come la fruttuosa intesa da lui stesso siglata in qualita' di presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana con la Federation de la couture du-pret-a-porter, l'omologo francese della CNMI, mirata a tutelare e promuovere i rispettivi comparti moda. Ad ogni modo - ha puntualizzato Boselli - la vera battaglia per difendere il 'Made in Italy' e' da combattere nella fascia media. Il settore tessile conta 900.000 addetti e 100.000 imprese: facendo una divisione, quindi, si hanno 9 addetti per impresa. Si tratta di aziende molto piccole che hanno bisogno di sostegno per presentarsi e competere sul mercato globalizzato.
(ANSA).