'adesione dell'Italia all'Unione Monetaria Europea dipende dalla volontà politica di raggiungere la convergenza con i criteri di Maastricht.
Per quanto riguarda le possibilità dell'Italia di entrare nell'UME, sarà la "situazione politica" il fattore chiave che determinerà i tempi del suo eventuale ingresso. Il Professore Luigi Spaventa, ospite d'onore al convegno, ha osservato che "l'Italia dovrà continuare a fare nuove manovre fiscali" per proseguire sulla strada della convergenza. Le probabilità di un'adesione all'UME insieme al primo gruppo di Paesi, guidati dalla Germania, appaiono "scarse - ha detto Spaventa - per cui non resta che considerare la seconda possibilità: un'entrata rinviata ad un periodo tra 1999 ed il 2002".
L'esclusione della penisola - ha aggiunto il Professore Spaventa - avrebbe però serie conseguenze in termini di politici ed economici: spingerebbe l'Italia verso l'isolamento e provocherebbe alta volatilità sui mercati finanziari oltre che ad un rilassamento della politica fiscale.
Per Luca Jellinek della Paribas Capital Markets soltanto un Governo forte con una maggioranza stabile sarà in grado di apportare le necessarie riduzioni strutturali del deficit e del surplus primario. Data però l'attuale incertezza politica Jellinek ha previsto che l'Italia non riuscirà a raggiungere in pieno i criteri di convergenza in tempi brevi: i tassi d'interesse non scenderanno abbastanza da far ridurre in modo rilevante il deficit primario.
Nel medio termine, secondo Jellinek, sui mercati finanziari continuerà a dominare un'alto livello di volatilià.
Per poter entrare nell'UME nel 2002, ha detto Andrea Delitala della Deutsche Morgan Grenfell, l'Italia dovrà però lanciare "un'operazione credibilità nel giro dei prossimi sei mesi". È importante, ha sottolineato l'Economista, che la classe politica dia segnali concreti sul suo impegno a qualificarsi per aderire all'UME. Tra le misure necessarie ha indicato una nuova manovra che contenga tagli addizionali per 30-40 miliari di Lire.
Un ritardo nell'adesione dell'Italia all'UME potrebbe comunque addirittura essere auspicabile, da un punto di vista strettamente economico. Per l'Economista della Lehman Brothers Giorgio Radaelli in Italia la curva dell'offerta di beni e servizi è assai più rigida di quella di altri paesi e per mantenere la competitività occorre effettuare periodiche svalutazioni.
Entrare in un sistema di cambi fissi, abbandonando la valvola di sicurezza del tasso di cambio fluttuante, ha sostenuto l'Economista della banca americana, significherebbe pagare alti prezzi in termini di perdita di produzione e di occupazione. Nei prossimi anni l'Italia dovrà invece ammorbidire l'offerta, tramite l'incremento degli investimenti, soprattutto al Sud, e rendere la dinamica dei salari più flessibile. Così, tra un certo numero di anni, ha previsto Radaelli, quando l'Italia sarà diventata più competitiva saranno gli altri paesi a chiederle di aderire all'UME, per non perdere quote di mercato. (ANSA) |