"Incontro / Dibattito" Italian Bankster - Claudio Costamagna, Panfilo Tarantelli

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Descrizione

Claudio Costamagna,  Panfilo Tarantelli

"Italian Bankster"

“Il dibattito che sta per aprirsi e che modererò insieme a Laura Serafini (giornalista de “Il Sole 24 Ore”), nasce dall’idea di dare un seguito a quanto narrato proprio nel suo libro ‘Italian Bankster’, e verterà quindi su quale sarà il futuro dell’investment banking in Italia”.
Giovanni Sanfelice di Monteforte introduce con quest’affermazione l’incontro del Business Club Italia che accoglie come speakers Panfilo Tarantelli (Vice Chairman Citigroup Europe) e Claudio Costamagna (ex Responsabile Europa Goldman Sachs).
Gli speakers partono dal passato, delineando il percorso evolutivo seguito dall’investment banking in Italia. Promosso dal potente catalyst delle grandi privatizzazioni degli anni 90’, forte è stato l’impulso trasmesso sia al settore bancario che a società quali ENI, Enel, Finmeccanica, oggi competitive internazionalmente e better managed rispetto al passato.
Di contro, dalla valutazione dello spessore del listino italiano, si evince che l’impatto non ha avuto la dirompenza attesa perché, benché il mercato finanziario italiano sia comparabilmente competitivo, si differenzia per il basso numero di titoli quotati.
Si ipotizza un problema legato alla classe imprenditoriale italiana che non ama la trasparenza né gli oneri di una presenza in borsa, e vuole mantenere il controllo.

Progredendo dal passato al presente, Laura Serafini pone l’accento sul problema acceso dei bonus, domandando se questi siano un danno anche per gli azionisti o restino lo strumento ottimale per trattenere le migliori risorse nelle banche.
Nella risposta, che riconosce errori ed eccessi compiuti nel passato dalle banche ed in cui i banchieri sbagliano per sola negligenza e mancata percezione del pericolo, si propone come modello valido quello di una compensation variabile e fidelizzata nel tempo, attraverso bonus pagati in strumenti partecipativi. Inoltre, la remunerazione viene considerata come un problema marginale e non primario, benché questa sia la percezione del pubblico, definita manipolata in maniera populista dai governi.
Dal presente si passa al futuro delle banche d’affari italiane e non solo, futuro in cui il trading e la finanza strutturata saranno ancora, e comunque, gli strumenti per fare business.

Questo potrebbe far paventare la nascita di una nuova bolla per evitare la quale, entra nel gioco il problema della necessità di una regolamentazione internazionale del settore banca d’affari, trigger della crisi.
Laura Serafini domanda quindi agli speakers cosa pensino della proposta che siano le stesse grandi banche a fare una sorta di versamento, una previsione di back-up, nell’eventualità che si stia entrando in una fase di rischio troppo alta.
Il concetto viene definito interessante, riconoscendogli il pregio di forzare le banche a mettere ordine nei propri diversi business, ma con il difetto di aumentare il rischio di una shadow managing, dovuta ad una eccessiva regolamentazione.
É piuttosto vivace la successione di domande e commenti aperti da parte del pubblico, che annovera anche il rappresentante della Banca D’Italia Stefano Carcascio.
Qualcuno chiede: ‘Le banche mostrano un certo dualismo: giocando sul fronte oltranzista del capitalismo, vengono comunque salvate, perché too big to fail dal denaro pubblico, come Goldman Sachs. Il modus operandi è quindi: soldi socialisti mentre si approfitta dell’altro sistema?”.

La risposta ammette che too big to fail è un problema del sistema capitalistico e che chi lo accetta, se sbaglia, dovrebbe fallire.
Tra i commenti del pubblico: “Quello che la crisi ha insegnato è che le banche non sono imprese uguali alle altre. Difatti, esiste per loro una legislazione speciale, in tutto il mondo.
Nel campo dei banchieri centrali, l’espressione ‘too big too fail’ è sostituita da ‘too interconnected to fail’: non esiste altra impresa che possa scatenare un effetto domino tale da distruggere un sistema finanziario. Gli incentivi? Ebbene, quelli dati nel passato agivano in the wrong direction, perché stimolavano un’assunzione smodata del rischio, tutta focalizzata sul breve termine. Bisogna orientarsi su altri sistemi”.
Il titolo del libro “Italian Bankster” è mutuato da una frase del sociologo Ulrich Beck "l’immagine pubblica (del banchiere d’affari) ha cominciato ad assumere le fattezze del bankster".
Beck è una delle voci di controcanto che, uninendosi al coro dell’intellighenzia economica le cui fila annoverano James K. Galbraith e Paul R. Krugman, sottolineano il collasso del ‘self-healing power of the market’. Smitizzando quella che oggi, più che una teoria, sembra essere una ‘delusion’, si invoca il potere taumaturgico della Keynesian economics, e quindi degli interventi statali.
In termini di fisica quantistica, sembra si sia arrivati alla ‘wave function collaspsè, ovvero ad una sola delle condizioni possibili, la crisi economica, tra tutte quelle che il sistema economico avrebbe potuto produrre.
Ma prevederlo, o almeno ‘considerarè che sarebbe potuto accadere, era così difficile?
Anna Maria Sanna